24/10/2018

GESTIONE EFFICACE DELL’IPERCOLESTEROLEMIA IN PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE SECONDARIA

Le malattie cardiovascolari costano ogni anno al nostro paese 21 miliardi di Euro1

La riduzione dei livelli di colesterolo rappresenta una strategia terapeutica vincente per arginare il rischio di uno o più eventi cardiovascolari

“Nuove prospettive nella prevenzione secondaria cardiovascolare: focus sull’ipercolesterolemia” al centro della seconda edizione Meridiano Cardio promosso da The European House-Ambrosetti

Come diminuire l’impatto delle malattie cardiovascolari in Italia, sia in termini di vite umane perdute e di morbilità, sia per le ricadute economiche? Se n’è parlato a Meridiano Cardio “Nuove prospettive nella prevenzione secondaria cardiovascolare: focus sull’ipercolesterolemia” giunto alla seconda edizione.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 35% delle morti totali. Malattie ischemiche del cuore, cerebrovascolari, ipertensive, altre malattie cardiovascolari occupano le prime 5 posizioni – afferma Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria, Direttore EEHTA, Università degli Studi, Roma Tor VergataNon deve dunque sorprendere che i costi sanitari (diretti e indiretti) associati a tali patologie, ammontino a circa 21 miliardi di euro/anno. In particolare, i costi sanitari diretti, riconducibili per l’84% alle ospedalizzazioni, ammontano a 16 miliardi”.

Cifre considerevoli che potrebbero essere ridotte anche grazie ad una evoluzione della presa in carico dei pazienti dopo un primo evento cardiovascolare, grazie a interventi di prevenzione secondaria. Per quanto riguarda per esempio il colesterolo, gli studi dimostrano come una riduzione del C-LDL di 39 mg/dL (1 mmol/L) si traduca in un calo del rischio relativo di eventi cardiovascolari del 10% al primo anno, del 16% al secondo anno e del 20% dopo tre anni di trattamento2.

Si stima che in prevenzione secondaria poco meno del 50% dei pazienti raggiungono il target dei livelli di colesterolo C-LDL” – afferma Marcello Arca, Direttore UOS Centro Arteriosclerosi, Centro di riferimento regionale per le malattie rare del metabolismo lipidico, Policlinico Umberto I e Segretario Nazionale SISA“Possiamo affermare che una terapia inadeguata si riflette negativamente sul controllo dell’ipercolesterolemia con un rischio aumentato di eventi cardiovascolari successivi”.

Certamente per i pazienti che hanno subìto un primo evento cardiovascolare sarebbe opportuno essere seguiti nell’immediato dopo la dimissione in modo tale da verificare il raggiungimento del target terapeutico e aggiustare se necessario l’intervento terapeutico. Le più recenti linee guida dell’European Society of Cardiology parlano di 70 mg/dL in pazienti a rischio cardiovascolare molto alto.

Qui giocano un ruolo determinante le nuove classi di farmaci come gli inibitori di PCSK9. Si tratta di farmaci innovativi dal punto di vista della farmacologia cardiovascolare che hanno dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo (anche oltre il 50%), a fronte di un buon profilo di tollerabilità e sicurezza”  – dichiara Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli – Negli studi clinici, questi farmaci hanno dimostrato di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari come l’ictus e l’infarto. In particolare è stato possibile dimostrare una riduzione del rischio superiore al 20%, oltre a una riduzione delle necessità di sottoporre i pazienti a interventi di rivascolarizzazione coronarica”.

L’impiego di questi nuovi farmaci nei pazienti in prevenzione secondaria, tuttavia, è inferiore all’epidemiologia attesa.

Nonostante gli inibitori di PCSK9 rappresentino un’opportunità terapeutica di riconosciuta importanza, il loro utilizzo è ancora limitato – conferma Federico Spandonaro, Professore Economia Sanitaria, Università Roma Tor Vergata; Presidente, C.R.E.A. Sanità -. Solo il 13-14% dei pazienti eleggibili all’utilizzo di questi farmaci, è stato effettivamente sottoposto a questa terapia.Tutto ciò si traduce in un impatto economico negativo che, solo per gli eventi cardiovascolari evitati, può essere stimato in circa 20 milioni di euro a cinque anni”.

Tra le ragioni responsabili dell’utilizzo limitato degli inibitori di PCSK9, vanno considerati l’iter burocratico legato ai piani di rimborsabilità, così come una presa in carico del paziente in prevenzione secondaria ancora in fase di evoluzione. Non sembrano esistere invece ostacoli di natura economica.

Attualmente la spesa per gli inibitori di PCSK9 è inferiore ai 7 milioni di euro (dati del 2017) a fronte di una spesa complessiva per le terapie ipolipemizzanti che supera il miliardo di euro. Conclude Spandonaro. Inoltre il risparmio previsto nei prossimi anni per effetto della genericazione delle statine ad alta intensità viene stimato a regime in una cifra nell’ordine dei 3/400 milioni. Anche considerando che non tutti i risparmi ottenuti debbano rimanere per forza nel settore, è importante sottolineare che per garantire la presa in carico di tutti i pazienti eleggibili alla terapia con i nuovi farmaci non si spenderebbe più del 15-20% della cifra indicata”.

Le proposte per la presa in carico dei pazienti ipercolesterolemici in prevenzione secondaria non mancano. Ipotizza Perrone Filardiè auspicabile sviluppare un collegamento fra i centri prescrittori abilitati a valutare i criteri di rimborsabilità e a formulare i piani terapeutici nel singolo paziente, e i colleghi che operano sul territorio in modo da creare dei percorsi diagnostico-assistenziali”.

Quello di un accompagnamento più strutturato è un tema considerato fondamentale anche dai pazienti. “Servono dei percorsi reali, integrati fra i diversi servizi presenti sul territorioSabrina Nardi, Direttore Coordinamento nazionale delle Associazioni di Malati Cronici di Cittadinanzattiva -. Questo è un bisogno molto specifico nell’ambito cardiovascolare. È come se i pazienti si perdessero in una rete assistenziale dalle maglie troppo larghe. Da un nostro monitoraggio si rileva che il problema più grosso è sul territorio. Sono emersi problemi relativi a diversi ambiti: dalle attese per accedere ai controlli, alle visite e agli esami specifici, alle difficoltà per l’assistenza territoriale, per esempio sul versante riabilitativo e per l’accesso ai farmaci.”

Rif. bilbliografici

  • Mennini, “Dimensioni dell’ipercolesterolemia e priorità d’azione, Forum Meridiano Cardio,” 24 maggio 201
  • Low-density lipoproteins cause atherosclerotic cardiovascular disease. Evidence from genetic, epidemiologic, and clinical studies. A consensus statement from the European Atherosclerosis Society Consensus Panel
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